lunedì 30 dicembre 2013

Progetti per il 2014

Questo blog si è un pó addormentato negli ultimi tempi. 
Per cercare di superare il problema, ho deciso di mettere per iscritto i progetti che conto di realizzare nelle prime settimane del nuovo anno, e di pubblicare questo testo, in modo da mettermi sotto pressione...

Allora le cose che vorrei fare sono le seguenti, prima per titoli e poi con maggiori dettagli in una descrizione piú lunga.

1) Juan Negrín, presidente del governo repubblicano dal 1937 al 1939
2) Un resoconto del viaggio (auto e nave) fra Fuerteventura e Savona
3) La questione basca, e la lingua basca
4) Gli ebrei e gli arabi in Spagna e la "Santa Inquisizione"
5) Alcune complessitá della storia spagnola
6) Altri temi della linguistica 
7) Le Canarie. Storia e cultura delle sette isole.

***

1) Juan Negrín, presidente del governo repubblicano dal 1937 al 1939.
Figura molto controversa, accusata da destra e da sinistra in tanti modi.



 



C'è ora un evento di attualitá e grande rilevanza, ovvero il deposito dei suoi archivi a Gran Canaria.


La nipote Carmen Negrín davanti alla foto del nonno.














Succeduto a Largo Caballero alla testa del governo repubblicano spagnolo nel 1937, Negrín è stato virulentemente vilipeso nel corso dei decenni. 
Uno dei libri sul cosiddetto "oro di Negrín".



Espulso dal partito socialista (PSOE) a fine guerra, è stato "riabilitato" e "riammesso", postumamente è chiaro, nel 2009. (In un certo senso i motivi che mi spingono a volerne approfondire la conoscenza sono legati alla mia storia politica.) 








2) Un resoconto del viaggio (auto e nave) fra Fuerteventura e Savona, realizzato tre volte fra l'ottobre 2012 e il settembre 2013

3) La questione basca, e la lingua basca.

Il tema presenta vari elementi interessanti. In estrema sintesi abbiamo il fatto che l'origine dei baschi è ignota, e che la lingua basca non ha apparentemente alcun legame con nessun'altra lingua al mondo, da cui scaturisce l'ipotesi che potrebbero essere una popolazione europea nativa e antecedente l'arrivo dei popoli di lingua indoeuropea. Ma questo solleva tutta una lista di domande: come ha fatto questo popolo a mantenere il proprio linguaggio e la propria etnicitá? Sí, perché nel frattempo tutt'attorno romani, cartaginesi, fenici, goti, galli, germani e tanti altri popoli lasciavano monumenti e resti archeologici, mentre la loro lingua scompariva. (Sto leggendo un libro molto interessante, intitolato "La storia basca del mondo", di Mark Kurlansky, uno scrittore americano).
Negli ultimi anni la realtá dei paesi baschi è stata abbastanza complessa, legata com'è al problema del nazionalismo e alle attivitá delle frange estremiste. Oggi all'interno dello stato spagnolo, i baschi hanno una propria comunitá autonoma (Paese basco), ma molti di loro vivono in un'altra comunitá (Navarra), una divisione legata in parte a ragioni storiche e in parte alle diverse opzioni nazionali. 


4) Gli ebrei e gli arabi in Spagna e la "Santa Inquisizione". 
E 5) Alcune complessitá della storia spagnola.

Gli italiani sono abituati a considerarsi i veri discendenti dei romani. Eppure anche la storia di altri popoli è stata profondamente influenzata dall'impero romano, in particolare ció è vero per la Spagna. 
Poi un ruolo importante lo hanno giocato i goti. 
In seguito l'arrivo degli arabi e il peso dei diversi regni islamici è stato cruciale per la storia spagnola. 
A questo fa seguito la cosidetta "Reconquista", ovvero il recupero da parte dei vari regni spagnoli delle terre sotto controllo islamico. 
Gli ebrei entrano in tutto questo per due motivi, uno, comune a diversi altri paesi europei, vale a dire il ruolo che hanno avuto come banchieri e commercianti; l'altro per la loro espulsione decretata dai "re cattolici" Isabella e Fernando nel 1492, che guarda caso, è l'anno in cui Cristoforo Colombo giunge in America. 
Vari temi correlati  sono il modo e il perché dell'aggregarsi di vari regni spagnoli fino a formare la "Spagna": perché ci sono entrati sia i baschi che i catalani mentre i portoghesi no?
E naturalmente va anche visto il modo in cui l'impero spagnolo ha dapprima conquistato le ricchezze di gran parte delle Americhe, e poi ha perso tutto.  

6) Altri temi della linguistica. 

Devo riprendere il lavoro a partire dal progetto iniziale  (vedi http://losiento-si.blogspot.no/2013/10/lingua-e-linguaggio-2-un-ragionamento.html )

7) Le Canarie. Storia e cultura delle sette isole.

martedì 22 ottobre 2013

"Complotti e misteri" (Considerazioni sul 23F, su Pearl Harbor, ecc.)

Le tesi complottiste sono un fenomeno ricorrente, sia in ambito politico che in ambito storico, di solito perché consentono a ognuno di lasciare libera la propria fantasia, e utilizzare i propri schemi mentali politico-ideologici a sostegno di una determinata argomentazione, senza dover prestare troppa attenzione ai fatti reali. 

Alcune di queste posizioni che vedono gli eventi storici come un insieme di fenomeni manipolati da forze superiori hanno avuto a suo tempo una notevole importanza nella storia della filosofia e del pensiero politico -- basti pensare a Hegel e a Marx, ma anche alla periodizzazione presente nell'Antico Testamento, che per milioni e milioni di persone è stata (e continua a essere) una descrizione veritiera delle origini della vita umana.

Qual è il principale problema logico di ogni tesi complottistica, tanto per quanto concerne l'insieme della storia umana, quanto di singoli eventi determinati?


Non certo l'inesistenza di persone che complottano e tramano. Infatti ci sono state e ci sono attività intese a manipolare gli altri. Un paio di esempi concreti: uno fallito, il tentativo di assassinare Hitler (la cosiddetta operazione Valkiria, vedi il film con Tom Cruise) e l'altro riuscito, la riunione del Gran Consiglio del Fascismo che esautorò Mussolini nel luglio del 1943. A differenza di tanti altri complotti inventati da chi aveva interesse a schiacciare i propri oppositori (i processi di Mosca voluti da Stalin e dai suoi boia negli anni 1935-38 ne sono un chiaro esempio) nei due casi menzionati esistono abbondanti prove.

Appunto, ci vogliono le prove. Non basta che un determinato complotto sia plausibile, occorre dimostrare che c'è stato e che i cospiratori hanno agito insieme per attuarlo.

Due esempi contrapposti relativi alla seconda guerra mondiale.

Churchill lasciò che la città di Coventry fosse bombardata dagli aerei tedeschi nel 1940, perché la sua fonte di informazioni derivava da uno strumento la cui segretezza non doveva essere messa a rischio -- gli inglesi avevano in sostanza gli strumenti per decifrare i codici coi quali l'alto comando nazista inviava istruzioni alle proprie forze armate, e non volevano perdere tale fonte.

L'attacco a Pearl Habor (7 dicembre 1941) visto da un aereo giapponese
Invece resta senza prove convincenti la tesi secondo cui Roosevelt fosse a conoscenza dell'attacco giapponese a Pearl Harbor nel 1941. In genere l'argomentazione a favore si fonda su due elementi: uno è il fatto che l'attacco colpì duramente la flotta americana, ma non le portaerei, che erano la forza fondamentale e imprescindibile con la quale riprendersi (la squadra di portaerei era impegnata in un'esercitazione nei giorni fatali attorno al 7 dicembre). L'altro è legato alle difficoltà che Roosevelt aveva incontrato fino a quel momento nel convincere l'opinione pubblica e il Parlamento americani della necessità di entrare in guerra -- mentre ovviamente Pearl Harbor spazzò via ogni incertezza in merito.

A distanza di tempo, e considerato il fatto che comunque gli USA entrarono in guerra tanto con il Giappone che con la Germania, è facile perdere di vista la situazione all'epoca: il governo americano voleva entrare in guerra con la Germania, non tanto con il Giappone, ma dopo Pearl Harbor gli USA dichiararono guerra al Giappone. E fu infatti la Germania hitleriana a dichiarare guerra agli Stati Uniti (non viceversa!)

Dunque il secondo argomento è falso. Il primo argomento trova ugualmente delle spiegazioni concrete abbastanza banali, ad es. alcune delle navi da battaglia americane non erano al 100%, mentre il comando navale USA voleva soprattutto fare delle prove sul comportamento degli aerei in decollo dalle portaerei.
Inoltre, e questo è l'argomento logico di fondo: che senso ha per una grande potenza il consentire a un proprio avversario di indebolirne significativamente la forza militare, e di minarne il morale infliggendogli una sconfitta importante?

Questo argomento vale anche per le tesi complottistiche sull'11 settembre, che sostengono che gli USA abbiano permesso ai terroristi islamici sauditi legati a Bin Laden di abbattere le torri gemelle a New York per i propri fini politici strategici. (Non aggiungo altro qui su questo punto).

Tornando al 23F, è chiaro che un tentativo di colpo di stato come quello del 1981 in Spagna comporta una determinata attività cospirativa, con delle persone che pianificano un complotto, e altre che vi prendono parte più o meno consapevolmente. Naturalmente è sempre possibile ipotizzare, come hanno fatto alcuni in Spagna (e vedi anche il dibattito in WAIS e tradotto in questo stesso blog) che ci fossero diversi complotti in atto, con attori e protagonisti mossi da intenti divergenti e perfino contrapposti.

Tuttavia a me interessa sottolineare in questo contesto una cosa importante. C'è una famosa citazione, che ha dato il titolo a un libro di John Steinbeck, e al relativo film "Uomini e topi": la frase proviene da una poesia dello scrittore scozzese settecentesco Robert Burns che dice che "i piani architettati da uomini e da topi spesso sortiscono cattivo esito".

Perché succede questo? Per il semplice motivo che le forze presenti in natura e ancor di più nel mondo tecnologico e complesso degli esseri umani sono un insieme difficilmente riconducibile a pochi elementi, semplici analiticamente, e facili da controllare. Un aspetto che viene troppo spesso passato sotto silenzio, specialmente da coloro che fanno "analisi" incentrate sull'esistenza di elementi omogenei (e perciò semplificati), come "nazione", "classe", "partito", "forze armate", ecc. ecc., è che ciascuno di questi elementi è composto di esseri umani diversi fra di loro -- per genere, per età, per educazione, per gruppo etnico, per ceto sociale, e via dicendo -- ognuno dei quali persegue interessi propri, alcuni dei quali sono espressi in maniera esplicita, mentre altri sono presenti in una maniera che per l'essere più recondita non è per questo meno importante. Una distinzione approssimativa li dividerebbe in "idee, aspirazioni, progetti" e "istinti, impulsi", attribuendo la sede dei primi al cervello (o allo spirito), e la seconda alla pancia (o al corpo/carne), come dice il detto cristiano "lo spirito è forte ma la carne è debole....", ma a prescindere dalla validità o meno di questa dicotomia non cambia il fatto che ciascuno di noi in un dato momento si muove in modo imprevedibile.

Ora, ogni concezione del mondo "complottista", così come quelle teleologiche che attribuiscono allo svolgimento della storia umana l'orientamento verso una data finalità, si scontra con questa molteplicità di interessi e di spinte.

A maggior ragione questo è vero in casi concreti: nel corso della storia in numerose istanze si è osservato in che modo le scelte specifiche di alcuni individui hanno fatto muovere gli eventi successivi in un senso piuttosto che in un altro, talvolta con ripercussioni notevoli non solo per i partecipanti a quell'evento, ma spesso anche su popolazioni di milioni di persone. Il modo in cui i conquistadores spagnoli Hernán Cortés e Francisco Pizarro, pochi uomini a cavallo sia pure con armi superiori a quelle dei nativi, hanno preso possesso di città e capitali di imperi potenti e temuti in America centrale (Aztechi) e meridionale (Incas), ne sono un esempio fra i più evidenti.

***

Collegamenti utili:

Dal sito della TV inglese specializzata in temi storici: History:

Pearl Harbor
Codebreaking

Da Wikipedia:

Hegel
Marx
Attacco_di_Pearl_Harbor
Cronologia_della_seconda_guerra_mondiale_(1941)#Dicembre
Coventry
Enigma_(crittografia)
Attentato_a_Hitler_del_20_luglio_1944
Operazione_Valchiria
Operazione_Valchiria_(film)
Storia_dell'Italia_fascista
Antico_Testamento
Incas
Aztechi
John_Steinbeck
Uomini_e_topi_(romanzo)
Robert_Burns
Colpo_di_Stato_in_Spagna_del_1981

http://es.wikipedia.org/wiki/Conquistadores

http://es.wikipedia.org/wiki/Francisco_Pizarro
http://es.wikipedia.org/wiki/Hernán_Cortés


lunedì 21 ottobre 2013

A proposito del "23F" (dibattito nel sito di WAIS)

A proposito del "23F" (ovvero il tentato colpo di stato del 23 febbraio 1981, su cui ho scritto in precedenza), si è aperto un dibattito nel sito di WAIS

WAIS è un forum internazionale di discussione collegato alla Stanford University, al quale partecipano studiosi e esperti di campi svariati, e che hanno opinioni molto diverse sui vari temi. La settimana scorsa nell'Università di Adrian nel Michigan, sotto la regia del moderatore del forum di WAIS, il prof. John Eipper,  si è tenuta la Conferenza "WAIS '13".

Proprio in quell'occasione l'ex-colonnello dell'esercito spagnolo Anthony J Candil, specialista di storia militare(*),  ha presentato la tesi che il tentato colpo del 23F fu orchestrato nella cerchia più vicina al re, al fine di farlo fallire, in modo da legittimare il re come difensore della democrazia  (vedi).

A sostegno di tale tesi è intervenuta Carmen Negrin, storica e nipote del Juan Negrin che fu a capo del governo della Repubblica spagnola dal 1937 al 1939, citando le posizioni espresse dagli ex-ambasciatori di Germania, Lothar Lahn, e degli Stati Uniti, Terence Todman, ambedue a Madrid nel 1981, (vedi).
La dott. Negrin riferisce anche di una polemica che lei ebbe con Santiago Carrillo qualche anno fa al riguardo, nel corso della quale Carrillo difese l'innocenza del re. Secondo lei, questo confermerebbe l'ipotesi che lo stesso Carrillo fosse al corrente del complotto.

In senso contrario si è invece espresso Paul Preston, storico e autore di numerosi libri sulla Spagna (**), che considera "surreale" questa ipotesi, e del cui intervento traduco le parti essenziali di seguito -- il testo originale e integrale è disponibile in WAIS (vedi).

A lui ha risposto Candil con un lungo intervento, nel quale sviluppa le proprie  argomentazioni  (vedi). Di seguito ne ho tradotto i punti principali.

Per quel che mi riguarda, penso che Preston abbia ragione. Riferirò in questo blog di ulteriori sviluppi di questa discussione, e magari di altro materiale esistente.

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Scrive Preston che Juan Carlos
"da molto prima della morte di Franco era stato convinto da consiglieri sia spagnoli e stranieri e da sua moglie, che una monarchia costituzionale era l'unico modo possibile di garantire la possibilità che la sua famiglia conservasse il trono. Così, nelle complesse circostanze descritte nel mio libro sull'argomento, ha aggirato i piani di Franco per la continuazione del suo regime sotto un monarca franchista."
"Questo lo mise su un percorso politico estremamente teso e pericoloso. Dalla morte di Franco fino alle prime elezioni democratiche il 15 giugno 1977, ha svolto il ruolo di cerniera tra l'opposizione moderata antifranchista  e gli elementi più progressisti del vecchio regime. Niente di tutto questo sarebbe successo senza una pressione popolare di massa a favore della democratizzazione, ma il suo ruolo nel neutralizzare le forze armate, di cui era comandante in capo, è stato fondamentale. Dal 1977 al 1981 ha svolto il ruolo di 'pompiere' del regime democratico, in lotta costante contro la sovversione militare. Di conseguenza, l'idea che sarebbe stato necessario per i suoi consiglieri il mettere in piedi l'operazione del 23 febbraio per consolidare la sua reputazione ha poco senso. L'idea che sarebbe stato possibile coordinare tutti gli elementi coinvolti in quella notte con questo unico fine è incredibile. Perché i generali di destra desiderosi di ribaltare la democrazia avrebbero avuto il minimo interesse a santificare il Re come campione della democrazia?"

Riferisce che "L'estrema destra in Spagna spaccia da anni l'idea che il re era al corrente del complotto (...) con l'intento di infangarne l'immagine".

E passa a smontare la tesi complottista, indicando in che modo il re avrebbe potuto agire in maniera del tutto legale nei mesi trascorsi fra le dimissioni di Adolfo Suarez e il 23F, per imporre "l'obiettivo di un governo di coalizione presieduto da un generale":

"La profonda preoccupazione per il deteriorarsi della situazione politica (terrorismo basco, sovversione militare, problemi economici) è stata condivisa dalla maggior parte degli elementi dell'establishment politico. Quando il re ha iniziato le sue consultazioni con i leader dei partiti per dare una soluzione alla crisi, tutti hanno dato la propria disponibilità a partecipare ad un governo di coalizione presieduto da un generale."

Preston conclude indicando le proprie fonti: "le mie opinioni sono basate su ampie ricerche e interviste con Manuel Fraga, Santiago Carrillo, Felipe González e Adolfo Suárez, con il Re, con il generale Armada e con Sabino Fernández Campo, all'epoca responsabile della casa reale, e con altre figure militari di alto livello."

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Candill dichiara la propria riluttanza di lunga data a discutere del tema, esprime ammirazione e rispetto per Preston, che tuttavia "non ha sempre ragione al 100 percento".

Prosegue dicendo che  Preston non aggiunge nulla rispetto alla versione ufficiale: "Ciò che ripete è proprio la versione spagnola ufficiale" che fa del re quel "campione perfetto di democrazia", che invece non è.
Per Candil, che non intende "giustificare ciò che è accaduto il 23 febbraio 1981", l'uso della parola "fallimento" non è legato al complotto in sé, bensì a "un fallimento della nazione nel suo complesso, un fallimento dello Stato e un fallimento del sistema politico esistente in Spagna nel 1981".
Inoltre ritiene "troppo ingenuo e troppo semplice" il continuare a credere nel 2013 che il 23F fosse un'avventura uscita "dalla mente di alcuni generali nostalgici (...) e di un tenente colonnello della Guardia Civil."

L'argomentazione di Candil si svolge attorno ad un punto che per lui, ex militare di carriera, è fondamentale:

"Anche oggi in Spagna vige la consuetudine di accusare l'esercito e le forze armate in generale di intervenire negli affari pubblici della nazione e di avere un ruolo nel processo decisionale. Eppure la realtà è che i militari spagnoli come istituzione - con l'eccezione di alcuni singoli casi isolati - non hanno preso parte alla vita politica per tutta la seconda metà del XX secolo."
Questo negherebbe la necessità del re di fare da "pompiere", e smentirebbe tutte le preoccupazioni legate a un possibile intervento militare negli anni della cosiddetta "Transizione".

Secondo Candil "Il regime di Franco era sempre stata una dittatura personale", relegando i militari a una funzione subalterna.

A sostegno della propria tesi, Candil indica il dato che nessun generale e nessun corpo armato ha dato sostegno all'azione di Tejero (occupazione del Parlamento) e di Milans del Bosch (dichiarazione di Stato d'assedio a Valencia, e carri armati in strada in tutta la provincia valenciana).

La sua tesi complottista si fonda proprio sul fallimento del 23F, che è "difficile definire come un colpo di stato militare. Se lo era, era certamente un disastro organizzativo, e questo è molto imbarazzante poiché il generale Milans aveva una buona reputazione come soldato professionale. Aveva anche uno staff di prim'ordine che avrebbe potuto pianificare l'intera operazione fino al più piccolo dettaglio e  eseguirla magistralmente. Anche la divisione corazzata di Madrid aveva dei pianificatori competenti che avrebbe potuto controllare il tutto se ci fosse stato un vero e proprio colpo di stato. Il fatto è che non è stato un colpo di stato vero!"

Secondo Candil il re avrebbe pianificato l'operazione, su suggerimento del suo stretto collaboratore Sabino, ma indicando a ciascun cospiratore obiettivi diversi. L'elenco dei partecipanti al finto golpe si riduce a poche unità: il Re, il gen. Alfonso Armada , il gen. Sabino Fernández Campo, il gen. Jaime Milans , il magg. José Luis Cortina, un amico del Re dall'epoca in cui avevano frequentato insieme l'Accademia Militare, e infine il ten.col. Antonio Tejero  della Guardia Civil.

"L'idea non era quella di distruggere il sistema parlamentare come Alfonso XIII aveva fatto nel 1923, quando ha accettato il pronunciamento del gen. Primo de Rivera, ma di mettere in scena un evento predestinato al fallimento che avrebbe suscitato l'ansia della nazione,  ridefinendo allo stesso tempo l'immagine del Re e salvaguardandone il  trono. Quando il colpo di Stato non riesce perché un 'coraggioso' Juan Carlos gli si è alzato contro, la nuova politica democratica della Spagna ha riconosciuto che il Re era in effetti un elemento chiave della sua struttura e continuerà ad esserlo in futuro."

"I dettagli tattici della trama sono stati principalmente il lavoro del magg. Cortina. Gli aspetti politici dell'operazione sono stati molto probabilmente formulati dal gen. Armada in stretto coordinamento con il re. All'insaputa di Armada, esse sono state approvate dal gen. Sabino, che era in grado in questo modo di assicurare che il piano potrebbe fallire. Alla fine, questo sarebbe raggiungere i veri obiettivi della trama:  proteggere la monarchia, fissarla saldamente nel corpo politico spagnolo, e fornirle quella solida legittimità che le mancava, facendola diventare qualcosa di più della mera imposizione del defunto gen. Franco."

Mentre tutti i cospiratori fanno parte dell'esercito, l'attacco al Parlamento è fatto dalla Guardia Civil, perché, secondo Candil, il suo coinvolgimento era essenziale "per una azione rapida e senza spargimento di sangue, come quella contemplata."

Candil conclude dicendo che "il vero crimine, che rimane tuttora impunito, è stato il vero colpo dietro il colpo di stato, quello organizzato dal re e dal suo machiavellico consigliere, e tollerato dai partiti politici e dai media."

(*)
Libri di Candil:
Tanks Evolution (L'evoluzione del carro armato)
The Military Aviation in the 21st Century (L'aviazione militare nel XXI secolo)

(**)
Libri di Preston:Franco y La política de la venganza: el fascismo y el militarismo en la España del siglo XX (1997). [(it): Francisco Franco, Mondadori]
La Guerra Civil (2000). [(it): La guerra civile spagnola, Mondadori]
Palomas de guerra. Cinco mujeres marcadas por el conflicto bélico (2001). [(it): Colombe di guerra. Storie di donne nella guerra civile spagnola]
La destrucción de la democracia en España (2001).
Las tres Españas del 36 (2001).
Juan Carlos: el Rey de un pueblo (2003).
El triunfo de la democracia en España.
Idealistas bajo las balas (2007).
El gran manipulador. La mentira cotidiana de Franco (2008).
El holocausto español. Debate. 2011.
La muerte de Guernica. Debate. 2012.
El zorro rojo - La vida de Santiago Carrillo. Debate. 2013.    

martedì 15 ottobre 2013

Una nota bibliografica doverosa... e una confessione

Nell'era di Internet è facile ricorrere a vari strumenti informativi disponibili in rete. Ho deciso di dare una particolare enfasi ai materiali di wikipedia, soprattutto a quelli in italiano.


La scelta di wikipedia è legata all'essere aggiornata, e solitamente anche abbastanza accurata. Certo, ci sono qua e là inesattezze e errori, o false interpretazioni. Ma un giornale serio come Il Sole 24 ore scriveva già nel 2007: Wikipedia ora è diventata davvero affidabile

A volte citerò altre fonti. Di preferenza in italiano. Perché?

I potenziali lettori di questo blog sono persone che si trovano a proprio agio leggendo in italiano, e che non hanno una profonda conoscenza della realtà spagnola.

In alcuni casi farò dei riferimenti a materiali in spagnolo e in altre lingue, cercando sempre di riportarne la sostanza in italiano, questo perché io non mi rivolgo agli specialisti e agli studiosi di cose spagnole. Invece per argomenti di carattere più specialistico sarà spesso è necessario fare ricorso a materiale in spagnolo.

Alcuni collegamenti di wikipedia:
Spagna -- per un'informazione generale; all'interno di questo stesso articolo si trovano numerosi collegamenti agli elementi di approfondimento, ad es.:
Lingua_spagnola -- per la lingua;
Storia_della_Spagna -- per la storia;
Vedi anche il Portale sulla Spagna


Altri siti in italiano:
Per turisti: un sito
Altro sito per turisti

Geografia
Per studiare lo spagnolo
Materiale sulla storia
Guerra civile spagnola (1936-39)
Citazioni sulla Spagna e gli spagnoli



E la confessione che devo fare è semplicemente questa: io scrivo sulla base delle mie esperienze personali, sia quelle recenti che quelle più "antiche", e mentre cerco di verificare l'accuratezza di quello che affermo con le fonti disponibili, non ho pretese di completezza (e tantomeno di infallibilità). Insomma, non sto scrivendo le voci di un'enciclopedia, ma delle note sparse...

(una versione precedente di questa nota è stata pubblicata l'11 Gen 2013)

lunedì 14 ottobre 2013

"Assassinio nel Comitato Centrale"

Nella mia noterella intitolata "La mia prima volta in Spagna" ho scritto di aver comprato nel 1975 un libro di Manuel Vázquez Montalbán, "Assassinio al Comitato Centrale" (in spagnolo "Asesinato en el Comité Central"), ovvero l'organo dirigente del Partito Comunista Spagnolo.

Ora, giacché quel romanzo è stato pubblicato in Spagna nel 1981, inevitabilmente quell'acquisto è avvenuto in un'occasione successiva, e la memoria mi ha giocato un brutto scherzo, mescolando e manipolando i miei ricordi.

La cosa non è tanto strana, anzi è abbastanza normale, perché nella mente umana gli eventi trascorsi, e la stessa periodizzazione della nostra vita passata, sono un qualcosa in divenire. Solo ciò che è scritto e datato in modo preciso, o magari documentato con uno dei tanti strumenti di cui siamo dotati adesso (registrazioni verbali e visive), si può salvare da questo continuo "rimescolamento delle carte".

Noi umani siamo ossessionati dal bisogno di stabilire dei collegamenti causali fra i vari eventi della nostra esistenza, come peraltro nella ricostruzione storica in senso più generale. In qualche modo ci è insopportabile l'idea che le cose avvengano attorno a noi senza uno scopo preciso, e allora dobbiamo formulare delle teorie che "spieghino" e "giustifichino" il loro svolgimento. Notoriamente, una grossa fetta dell'umanità è addirittura convinta che ci sia ancora vita oltre la morte, sotto forma di paradiso e inferno, oppure mediante un processo di reincarnazione  che ci riporta di continuo sul pianeta Terra. 

E questo apre tutto un capitolo importante nella comprensione di noi stessi, in parte intuito da studiosi e scienziati del passato, e che sta facendo notevoli passi avanti con lo sviluppo recente delle neuroscienze. Ma su questo al momento non posso dire altro, se non suggerire alcuni materiali di ulteriore lettura:

Memoria (fisiologia)
Memoria (psicologia)
Memoria collettiva

Invece aggiungerò qualcosa riguardo il libro di Montalbán e il suo contesto. Dal libro, tradotto in italiano e in numerose altre lingue, è stato anche tratto un film con lo stesso titolo nel 1982.

La trama del romanzo, di cui è protagonista uno dei detective più famosi della giallistica, Pepe Carvalho, parte dall'assassinio, nel corso di una riunione del Comitato Centrale del Partito Comunista Spagnolo, del segretario generale del partito, "Ferdinando Garrido".

Va detto che Montalbán (1936-2003) è stato membro e dirigente della versione catalana di quello stesso partito, il PSUC (o Partito socialista unificato di Catalogna), e dunque riesce a muoversi nei meandri della sua vita interna con cognizione di causa. Questo rende il libro fruibile non solo per ogni generico amante del giallo, ma anche per i comunisti delle varie denominazioni, che non si vedono costretti a leggere tortuose e improbabili descrizioni.

Dunque l'alter ego di Santiago Carrillo viene ucciso da uno dei presenti alla riunione, vale a dire un altro dirigente del partito. L'autorità di polizia spagnola assegna il caso a Fonseca, che era stato uno dei funzionari che avevano perseguitato i comunisti nel regime franchista; per conto suo, la direzione del partito si rivolge a Pepe Carvalho per un'indagine parallela. Carvalho è stato in passato un militante comunista, e questo provoca frizioni con Fonseca. Ma è stato anche un agente della CIA, e questo rimescola la storia e complica le cose, giacché tanto la CIA americana come il KGB sovietico sono in qualche modo coinvolti nella storia.

Mi fermo qui per non rivelare la storia a chi non ha ancora letto il libro o visto il film. Per sapere chi è l'assassinio occorre vedere in wikipedia spagnola: "Asesinato en el Comité Central"

Potrei aggiungere che Montalbán ha anche scritto dei libri di una certa rilevanza socio-analitica o politica, come ad esempio "Y Dios entró en La Habana", del 1998, dove parla del viaggio storico di Papa Giovanni Paolo II a Cuba e dell'incontro con Fidel Castro.
 Terra e libertà online
E anche che rimase fino alla fine uno stalinista, come rivelò nelle critiche al film di Ken Loach del 1995, Terra e Libertà. Il film, ispirato al libro di George Orwell "Omaggio alla Catalogna"  presenta la versione trotskista della guerra civile spagnola, e dunque è fortemente critico nei confronti del PCE e dell'Unione Sovietica. Montalbán (benché fosse anche membro della Fundació Andreu Nin) ha ritenuto necessario ergersi a difensore della versione comunista ufficiale in una polemica echeggiata anche in Italia.

domenica 13 ottobre 2013

12 ottobre 1492

521 anni fa, un grande navigatore genovese metteva piede in un'isola dei Caraibi(*), e con questa mossa si avviava uno dei più grandi eventi nella storia umana, la "scoperta" e la successiva conquista dell'America.


Ovviamente, quel continente esisteva da tempi immemorabili, e gli esseri umani lo abitavano da almeno 12.000 anni, ovvero in un'epoca quando l'umanità intera sussisteva ancora mediate la caccia e la raccolta di cibo -- l'"invenzione" dell'agricoltura e dell'allevamento del bestiame sarebbero iniziati circa 10-11.000 anni fa.

Inoltre, pare che altre popolazioni europee siano giunte oltre Atlantico ben prima di Cristoforo Colombo (o  Cristobal Colón, come lo chiamano nel mondo ispanico), forse i Vichinghi, forse i Baschi, forse addirittura i Fenici.

Ma l'impresa di Colombo aveva luogo in un'epoca in cui i nascenti stati europei, ormai sicuri nei propri confini, avendo espulso gli Arabi dalla Spagna e sconfitto i Turchi a Lepato, puntavano alla conquista di nuove terre in tutto il mondo. E' un'epoca che vede grandi esplorazioni, sia per mare che per terra, e introduce grandi cambiamenti, per non dire un profondo sconvolgimento, su tutto il pianeta.

Con l'avvallo della Chiesa, le potenze europee si impadroniscono delle Americhe (Inghilterra, Francia e Olanda nel Nord; Spagna e Portogallo nel Centro e nel Sud), e iniziano due grandi percorsi per l'interscambio di merci e di esseri umani.

Dalle Americhe giungono in Europa una serie di alimenti, che ben presto diventeranno un componente normale (anzi, essenziale!) delle nostre diete: mais, cacao, fagioli, chili, pomodori, peperoni, patate, patate dolci, peperoncini, cotone, arachidi, fichi d'india, zucche, ananas, tacchino. A questi si aggiungono altri prodotti come il tabacco, la coca, i funghi allucinogeni, gli alcolici ottenuti dalla fermentazione del mais, dell'agave e di altre piante tropicali.



Zea mays.jpg
Ma naturalmente quello che mosse l'avidità dei Conquistadores fu soprattutto l'oro e l'argento.

Per questo in direzione inversa giunsero in America un gran numero di avventurieri e di coloni, più (specie nel Nord) coloro che fuggivano dalle persecuzioni religiose. E poi dall'Africa furono deportate masse di schiavi, i calcoli più attendibili parlano di un totale fra gli 11 e i 20 milioni  (vedi Schiavismo_in_Africa).

Il motivo principale di questo esodo forzoso si deve all'altra grande tragedia legata alla conquista europea delle Americhe, ovvero la morte per malattia di numerosi milioni di abitanti autoctoni. L'incontro fra europei e americani (che Colombo chiamò erroneamente "indios", poiché era convinto di aver raggiunto le mitiche Indie) avveniva fra popoli i cui antenati si erano separati quando vivevano ancora in Africa -- alcuni prendendo la via del Nord verso il Medio Oriente e l'Europa e altri quella dell'Est verso l'Asia e, attraverso lo stretto di Bering, le Americhe. Di conseguenza, mentre in Europa e in Asia le popolazioni avevano acquisito un certo grado di immunità nei confronti di malattie come vaiolo, morbillo, tifo, influenza e difterite, gli abitanti delle Americhe erano totalmente privi di difese immunitarie, e pagarono un prezzo terribile in un vero e proprio genocidio (fra 50 e 70 milioni di morti).

***

Come ben si sa, sono molte le storie che circolano su Colombo. In genere, in Italia si ritiene che sia nato a Genova fra il 26 agosto e il 31 ottobre 1451. Quest'opinione sembra condivisa in gran parte del mondo (secondo wikipedia, consultata oggi, solo Spagna e Ucraina fanno eccezione[§])





(*) Si tratta di Guanahani, da lui battezzata San Salvador. Non si sa con certezza di quale isola si tratti realmente, varie isole dell'arcipelago delle Bahamas sono considerate possibili, come si può vedere nell'immagine qui sotto (sono le isole con un cerchietto).



[§] Ho verificato la dizione "Genova" nelle seguenti versioni di wikipedia: Italiano, Afrikaans, Olandese, Azero, Mongolo, Turco, Arabo, Tedesco, Inglese, Russo, Francese, Polacco, Portoghese, Cinese, Tamil, Ebraico, Giapponese, Kiswahili, Bielorusso, Bulgaro, Ceco, Greco, Esperanto, Basco, Finlandese, Bretone, Serbo-croato, Croato, Aymará, Rumeno e Svedese. (Mi sono fatto aiutare da Google Translate per le lingue che non sono in grado di leggere).
Le versioni spagnola e catalana indicano "Savona" nella Repubblica di Genova come possibile luogo natio di Colombo, e poi procedono a suggerire località alternative, in varie regioni spagnole. La versione catalana riporta tutte le alternative che sono state formulate storicamente, per confutarle quasi tutte.
La versione ucraina di wikipedia considera "Genova" una versione leggendaria -- dice che la "casa di Colombo" a Genova ha lo stesso valore probatorio della casa di Giulietta a Verona (!) -- e fornisce otto possibili località, che vanno dalla Spagna alla Polonia.

mercoledì 9 ottobre 2013

"Lingua e linguaggio": (5) la grammatica universale (Chomsky)

Noam Chomsky è ben noto per le sue forti prese di posizione politiche, a partire dall'opposizione alla guerra del Vietnam.

Ma il suo legato più importante alla cultura e alla scienza è legato alla sua attività di linguista, in particolare alle sue teorie della grammatica generativa e della grammatica universale.

La grammatica universale postula che i principi della grammatica siano condivisi da tutte le lingue, e siano innati per tutti gli esseri umani.

Da qui deriva la grammatica generativa, elaborata oltre 50 anni fa, e sviluppata e modificata in tutto questo tempo, che si caratterizza per la ricerca delle strutture innate del linguaggio naturale, considerato come un elemento distintivo dell'uomo come specie animale.

Il suo punto di partenza era la critica dello strutturalismo al quale era sfuggito un problema fondamentale ossia quello della creatività del linguaggio. Per comprendere il funzionamento di una lingua non è sufficiente scoprirne la struttura, descrivere i componenti e i rapporti che intercorrono tra essi, né analizzarli e classificarli.

Lo strutturalismo non sa dare risposta alla domanda: "come avviene che i parlanti di una lingua sono in grado di produrre e di comprendere un numero indefinito di frasi che non hanno mai udito prima o che addirittura possono non essere mai state pronunciate prima da qualcuno?".

Per Chomsky esiste una creatività governata da regole, grazie alla quale vengono continuamente generate nuove frasi. In sostanza la capacità linguistica di ciascun parlante non è fatta solamente di una lista appresa di parole, espressioni e frasi, ma include un insieme di regole ben definite e di principi. Ovvero la grammatica è una competenza mentale fondata sulla conoscenza innata dei principi universali che regolano la creazione del linguaggio.

Con questi suoi contributi Chomsky ha alterato profondamente la concezione della linguistica tradizionale incentrata sullo studio delle peculiarità dei linguaggi parlati.

E l'importanza di questa elaborazione è molteplice. Da un lato Chomsky colloca gli esseri umani in un continuum con gli altri animali, dai quali li separano determinate qualità proprie di specie, che sono il frutto di un processo evolutivo -- benché  Chomsky eviti direttamente questa affermazione. Ma in tal modo si colpisce con forza ogni concezione razzista e discriminatoria, che presuppone l'esistenza di differenze qualitative fra gli esseri umani.

Al tempo stesso Chomsky mina la visione comportamentista, che ha dominato gran parte delle scienze sociali nel corso del 1900,  ulteriormente rafforzatasi dopo la seconda guerra mondiale, che cercava di attribuire qualunque caratteristica umana specifica all'influenza dell'educazione e dei comportamenti appresi.

E per quale motivo tutto ciò è importante?

In primo luogo perché il progresso della conoscenza umana non si può fondare sulla menzogna e sulla falsità. E mentre alcune cose non le conosciamo per pura ignoranza, per mancanza di strumenti adeguati e di metodi investigativi appropriati -- altrimenti non si capirebbe per quale motivo siamo più avanti di un Aristotele o di un Newton, individui di notevole intelligenza e immaginazione -- in altri casi sul cammino della scienza vengono posti degli ostacoli di tipo ideologico a fermarci.

Nello studio delle lingue umane, del modo in cui le apprendiamo, dei meccanismi soggiacenti il loro utilizzo, il contributo di Chomsky è stato fondamentale. 

Vedi:

(Segue)
lingua-e-linguaggio-1-alcuni-elementi
lingua-e-linguaggio-2-un-ragionamento
lingua-e-linguaggio-3-l'indoeuropeo 
lingua-e-linguaggio-4-dal-latino-ai-volgari
lingua-e-linguaggio-5-la-grammatica (Chomsky)


(Prima pubblicazione: 9 Feb 2013)

"Lingua e linguaggio": (2) un ragionamento d'insieme [aggiornato 9 Ott 2013]

Sul tema "Lingua e linguaggio", mi sono preparato uno schema di articoli da scrivere [dopo (1): alcuni elementi di base e (2): un ragionamento d'insieme], che è al momento questo:

(3) l'indoeuropeo
(4) dal latino ai volgari
(5) la grammatica universale (Chomsky)
(6) l'istinto del linguaggio (Pinker)
(7) la teoria del setaccio (Trubetzkoy)

Adesso però voglio raccogliere  alcune delle cose che verranno approfondite, per metterle tutte insieme in un ragionamento complessivo.

Partiamo da alcuni presupposti:
    (a) non ci sono differenze qualitative fra le lingue parlate nel mondo (non esistono lingue "ricche" e lingue "povere", come si è sostenuto e in parte si sostiene ancora);
    (b) tutti gli esseri umani hanno la stessa capacità di comunicare mediante il linguaggio;
    (c) non c'è alcun motivo a priori per cui il figlio di italiani debba parlare italiano e il figlio di giapponesi giapponese -- ovvero: ciascuno di noi può imparare senza alcuna difficoltà la lingua dell'ambiente nel quale viene educato;
    (d) la facoltà di apprendimento del linguaggio non è a sua volta appresa, ma è una qualità innata -- è uno degli elementi che distinguono gli esseri umani dagli animali a noi più vicini (scimpanzé e bonobo).

***

Da ciò scaturiscono alcune domande interessanti:

(A) Perché esistono tante lingue diverse sul pianeta?

(B) Come nasce una nuova lingua? Hanno tutte origine da un'altra lingua o ce ne sono alcune che nascono dall'incontro di più lingue diverse?  Da dove vengono i dialetti, o le parlate locali, o i volgari? E che cos'è una lingua "franca" o "veicolare"?

(C) Come fa un bambino a imparare la lingua (e il "dialetto") locale? Esistono bambini che imparano più di una lingua al tempo stesso?

***

Dal momento che sono stati scritti libri molto ben documentati (e di molte pagine) per rispondere a questi quesiti, non posso certo pretendere  io di farlo  in poche parole, ma alcune considerazioni, per quanto frammentarie, possono essere utili.

(A) Poiché gli esseri umani hanno dovuto scontrarsi fin dagli inizi della nostra specie con altri umani -- noi siamo al tempo stesso molto bravi nel solidarizzare con chi ci è vicino e nel disumanizzare gli altri -- uno dei meccanismi per riconoscere "noi stessi" e distinguerci dagli "altri" è il modo di parlare, il gergo, l'accento, e così via.

E' probabile che la diversificazione in tante lingue e parlate si ricolleghi a questo. In fondo, io riconosco subito uno di Sampierdarena (un quartiere di Genova) e lo guardo dall'alto in basso... (I miei erano del Molo, in centrocittà, vicino al porto, e io ne ho portato con me la "tradizione" e l'accento, anche se non parlo in realtà il genovese, e il quartiere del Molo nemmeno esiste più, essendo stato raso al suolo durante la guerra nel 1940-45).

Il dato empirico di tante lingue parlate nelle regioni meno centralizzate del mondo (Asia, Pacifico e Africa) si può ricollegare a questa situazione. Nei paesi più avanzati dal punto di vista tecnologico è andato avanti, specialmente negli ultimi decenni, un forte processo di omogeneizzazione linguistica, legato in parte alla TV e alla diffusione di un modo di esprimersi "normato" o "standard". Eppure si riproducono continuamente dei fenomeni di differenziazione gergale e settoriale.

(B) Come ho già ricordato, quando le condizioni politiche lo richiedono, una parlata locale o "dialetto" diventa "lingua" (l'esempio del serbo-croato ritorna sempre), e anche se questa può sembrare una situazione un pò artificiale, in realtà quando saranno passati cinquant'anni magari solo gli studiosi sapranno che serbo e croato un tempo erano una stessa lingua.

In passato è spesso successo che due gruppi decidessero di differenziarsi, codificando per iscritto il modo diverso di pronunciare una stessa parola, o un divero giro di frase -- oppure era uno dei due a far partire il processo, sempre per motivi politici.

Il caso dell'italiano (o del tedesco, o del francese, o dello spagnolo) in apparenza è diverso. Qui una lingua, o meglio la parlata di una città o regione, non sempre la capitale, viene presa a riferimento per affermare un processo di unificazione di vari staterelli e regioni a costituire un nuovo stato centralizzato.

La codifica scritta, e magari la redazione di grammatiche e vocabolari, è fondamentale per sancire la presenza di una lingua "nazionale", e il processo si accompagna di solito con una campagna repressiva contro l'uso di parlate concorrenti (definite "dialetti" e comunque considerate linguaggi di minor valore). Ma oggi nessuno in Italia parla l'italiano allo stesso modo, perché la lingua nazionale è sotto l'influenza delle parlate locali, e ne importa forme sintattiche, accenti e lessico.

In alcuni casi una lingua nasce per l'incontro di lingue diverse, è il fenomeno dei cosiddetti "pidgin", che in parte hanno un ruolo di lingua franca o veicolare, vale a dire di strumento per la comunicazione fra gruppi che parlano lingue diverse. Quando un pidgin diventa la lingua madre di un gruppo di persone abbiamo la formazione di una lingua creola, un fenomeno documentato ampiamente nel corso dell'ultimo secolo.

(C) Un bambino impara la lingua delle persone con cui entra in contatto, dalla nascita in avanti.

Come dimostrano i casi di bimbi adottati, non c'è alcun rapporto fra il gruppo etnico di provenienza e la lingua appresa; d'altro canto, i figli di immigrati imparano molto bene in numerosi casi la lingua parlata nel loro nuovo paese, dunque l'apprendimento inizia in famiglia e continua col gruppo sociale d'appartenza del bambino.

Se un bambino cresce in un ambiente bilingue (o multilingue) non avrà alcuna difficoltà a imparare e a utilizzare due o più lingue al pari della lingua materna.

Una lingua si chiama "materna" perché è nell'interazione con la madre che un bambino ha in genere il massimo di esposizione alla lingua, ma c'è un periodo di alcuni anni in cui la capacità di apprendimento è molto forte.

A partire dai dieci-undici anni in genere diventa più difficile imparare nuove lingue (e questo è un fortissimo argomento a favore dello studio delle lingue straniere nella scuola elementare).


(Prima pubblicazione: 3 Feb 2013)


***

Aggiornamento e nuovi sviluppi (9 Ott 2013)

Del progetto iniziale sono stati redatti (e ripubblicati) i capitoletti dall'1 al 5. Il prossimo sarà il 7 (Trubetzkoy), mentre a Pinker intendo dedicare più spazio, perché vorrei anche utilizzare le sue riflessioni in tema di lingua e natura umana per introdurre l'argomento "psicologia evoluzionistica". (Ci si potrà chiedere cosa c'entri questo in un blog sulla Spagna e sulla "spagnolità", ma del resto questa stessa osservazione si potrebbe fare per l'insieme di queste riflessioni sul linguaggio. Diciamo che il corso dei miei studi mi ha portato e mi riporta continuamente su alcuni temi, e mi piace condividerli in rete).

(segue)
lingua-e-linguaggio-1-alcuni-elementi
lingua-e-linguaggio-2-un-ragionamento
lingua-e-linguaggio-3-l'indoeuropeo 
lingua-e-linguaggio-4-dal-latino-ai-volgari
lingua-e-linguaggio-5-la-grammatica (Chomsky)

Don Quijote - Don Chisciotte ("falsi amici" 3)

Come ho già indicato in precedenza nel confronto fra illusione e "ilusión", ma anche scrivendo su "lo siento", è possibile incontrare dei falsi amici concettuali, per così dire,  ovvero dei termini che divergono nel loro significato sostanziale, pur apparendoci molto simili.

Forse lo spagnolo "Don Quijote" e l'italiano "Don Chisciotte" non sono veri e propri "falsi amici", chissà, ma esiste comunque una discrepanza fra i due, che mi sembra interessante sottolineare.

In italiano esiste uno specifico aggettivo "donchisciottesco", che viene impiegato variamente come sinonimo di incomunicabilità, di velleitario, anacronistico, incomprensibile ai più,  comico,  immaturo, visionario, e perfino fantozziano.

Da ciò si può dedurre facilmente quale sia l'italico approccio alla figura creata dalla penna mirabile di Cervantes: una sorta di sciocco (o pazzo) che va alla carica dei mulini a vento sulla groppa di un ronzino! Insomma, un personaggio di cui ci si può soltanto burlare.



In Spagna e nel mondo di lingua spagnola, ma anche altrove, le cose stanno un pò diversamente.

Prima di tutto ecco due riferimenti, che sono rivolti in particolare ai miei lettori più di sinistra: la prima mossa editoriale del governo rivoluzionario cubano nel 1959 capeggiato da Fidel Castro fu la pubblicazione di un'edizione economica in centomila copie del  "Don Quijote" -- prima di qualunque libro di Marx, di Lenin o di José Martí. L'altro è la recente pubblicazione (2007, se non ricordo male) in Venezuela di una versione ridotta del libro di Cervantes, finalizzata a consentire a un ampio pubblico, magari poco avvezzo a leggersi un tomo di varie centinaia di pagine, una prima conoscenza del  "Don Quijote".

E se poi vediamo il dizionario inglese online "allwords", ecco tre definizioni di "Quixotic":
1) Colui che possiede o agisce col desiderio di compiere atti nobili e  romantici, senza curarsi se ciò sia realistico e practico.
2) impulsivo.
3) Come il Don Quixote; romantico fino a essere stravagante; assurdamente cavalleresco; prono alla delusione.

Non è difficile riscontrare una diversa enfasi, che comprende l'attribuzione di valori positivi a questo cavaliere.

E allora di cosa parla questo libro?

Il titolo completo di questo romanzo è "El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha", è la più importante opera letteraria dello scrittore spagnolo Miguel de Cervantes Saavedra, e una delle più rappresentative della letteratura mondiale. Vi si mescolano elementi del genere picaresco e del romanzo epico-cavalleresco.

Fu pubblicato in due volumi a distanza di dieci anni l'uno dall'altro (1605 e 1615), è l'opera principale del Siglo de Oro e il più celebrato romanzo della letteratura spagnola. Fu tradotto rapidamente in numerose lingue.

Il protagonista della vicenda è un hidalgo cinquantenne, Alonso Quijano, morbosamente appassionato di romanzi cavallereschi. Le letture lo condizionano fino a trascinarlo in un mondo fantastico,  e lo convincono di dover rispondere al proprio destino di diventare un cavaliere errante. Così si mette in viaggio, come gli eroi dei romanzi, per difendere i deboli e riparare i torti. E in tale trasformazione don Alonso diventa il cavaliere don Chisciotte della Mancia e inizia a girare per la Spagna.

Come ogni cavaliere, Don Chisciotte ha bisogno di uno scudiero, e a tale scopo trascina con sé un contadino del posto, Sancio [in spagnolo: Sancho] Panza, cui promette il governo di un'isola.

Analogamente, Don Chisciotte sente la necessità di dedicare a una dama le sue imprese. Lo farà scegliendo Aldonza Lorenzo, una contadina sua vicina, da lui trasfigurata in una nobile dama, che chiama Dulcinea del Toboso.

Ma la Spagna del suo tempo ormai non ha più bisogno né della cavalleria né delle vicende dei romanzi picareschi, e per l'unico eroe rimasto le avventure sono scarsissime.

L'ostinazione visionaria di Don Chisciotte lo spinge a leggere la realtà con altri occhi. Nella sua immaginazione i mulini a vento diventano giganti dalle braccia rotanti, i burattini si fanno demoni, le greggi di pecore si trasformano in eserciti nemici. E combatte questi avversari immaginari risultandone sempre sconfitto, e suscitando l'ilarità delle persone che assistono alle sue gesta. Sancio Panza, del resto, appare talvolta come un alter ego razionale del visionario Don Chisciotte, mentre in altre occasioni si lascia convincere delle ragioni del padrone.

Tuttavia in questa storia Don Chisciotte acquista uno spessore, si fa personaggio complesso e perde il connotato puramente comico; il romanzo diveta molto di più di una parodia o di un romanzo eroicomico.

Infatti il cavaliere "folle" mostra al lettore i  problemi di fondo dell'esistenza,  la delusione di fronte a una realtà che  annulla l'immaginazione, la fantasia, le proprie aspettative, la realizzazione di un progetto di esistenza con cui l'uomo si possa identificare.

Non sono cose difficili da comprendere, né turbamenti ai quali siamo estranei anche oggi, a distanza di centinaia di anni.

Nel Don Chisciotte ogni cosa è interpretabile variamente, fino a perdere ogni concezione della realtà. Nell'opera di Cervantes c'è una dimensione tragica perché cose e parole si disgiungono: le vicende cavalleresche ormai sono parole vuote, ma Don Chisciotte a causa della sua "pazzia" non se ne accorge. La sua pazzia è un modo di vedere il mondo con occhi diversi, non più offuscati.

Insomma, Quijote è un uomo con i difetti e le qualità comuni a tanti uomini vissuti anche prima e dopo di lui.

Questa caratteristica ne fa una figura universale, uno di quei ritratti a tutto tondo che illustrano -- come hanno saputo fare alcuni autori greci e latini, e grandi uomini del Rinascimento come Shakespeare e Dante o Boccaccio, o Cervantes appunto -- le caratteristiche fondamentali e invariate degli esseri umani.

Noi non siamo "uguali" nel senso che siamo tutti dei cloni identici di uno stesso modellino, ma condividiamo tutti determinate caratteristiche, quelle che ci fanno essere uomini -- o donne, perché c'è una bella differenza fra le une e gli altri -- nell'arco di secoli e millenni, a distanza di migliaia di chilometri, su continenti diversi e in condizioni di vita profondamente variate.

Non importa chi siano i governanti, quale sia la religione (o l'ideologia) al potere, e quali siano le condizioni di vita, gli strumenti di comunicazione, o i mezzi espressivi di cui disponiamo -- le nostre aspirazioni restano le stesse dei nostri lontani antenati, quelli che non avevano ancora inventato la scrittura, e che potevano solo comunicare a voce le proprie sensazioni e manifestare sentimenti e desideri. Fondamentalmente, gli esseri umani sono mossi anche oggi da impulsi e aspirazioni primordiali, certo articolati in forme espressive complesse, e soprattutto mediante strumenti di nuova tecnologia -- gli antichi non avevano né radio, né TV, né smartphone, viaggi e comunicazioni erano lenti e difficili.

Cervantes coglie questa universalità e le dà forma in Quijote. E' vero: si tratta di una figura tragica e disperata, ma alcune delle sue qualità, dalla sua nobiltà d'animo al suo amore semplice e profondo per una donna, dal suo desiderio di fare qualcosa di importante per lasciare un segno nel mondo all'incapacità di vedere tutto lo schifo che lo circonda (che è in effetti la capacità di continuare sul proprio cammino senza farsi distrarre da ciò che non è davvero importante) -- sono esattamente degli universali umani, costituiscono parte dell'essenza della natura umana.

Vale la pena di ricordare che Cervantes era lui stesso una figura ricca di storie personali, non un mero scriba capace di lavorare di fantasia. Tra le altre cose fu catturato dai pirati e trascorse cinque anni in cattività. 
File:Cervantes casa madrid lou1.jpg

(Prima pubblicazione: 11 Feb 2013, rieditato 10 Ott 2013)


Per approfondire:
Don_Chisciotte_della_Mancia
Miguel_de_Cervantes