Sul tema "Lingua e linguaggio", mi sono preparato uno schema di articoli da scrivere [dopo (1): alcuni elementi di base e (2): un ragionamento d'insieme], che è al momento questo:
(3) l'indoeuropeo
(4) dal latino ai volgari
(5) la grammatica universale (Chomsky)
(6) l'istinto del linguaggio (Pinker)
(7) la teoria del setaccio (Trubetzkoy)
Adesso però voglio raccogliere alcune delle cose che verranno approfondite, per metterle tutte insieme in un ragionamento complessivo.
Partiamo da alcuni presupposti:
(a) non ci sono differenze qualitative fra le lingue parlate nel mondo (non esistono lingue "ricche" e lingue "povere", come si è sostenuto e in parte si sostiene ancora);
(b) tutti gli esseri umani hanno la stessa capacità di comunicare mediante il linguaggio;
(c) non c'è alcun motivo a priori per cui il figlio di italiani debba parlare italiano e il figlio di giapponesi giapponese -- ovvero: ciascuno di noi può imparare senza alcuna difficoltà la lingua dell'ambiente nel quale viene educato;
(d) la facoltà di apprendimento del linguaggio non è a sua volta appresa, ma è una qualità innata -- è uno degli elementi che distinguono gli esseri umani dagli animali a noi più vicini (scimpanzé e bonobo).
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Da ciò scaturiscono alcune domande interessanti:
(A) Perché esistono tante lingue diverse sul pianeta?
(B) Come nasce una nuova lingua? Hanno tutte origine da un'altra lingua o ce ne sono alcune che nascono dall'incontro di più lingue diverse? Da dove vengono i dialetti, o le parlate locali, o i volgari? E che cos'è una lingua "franca" o "veicolare"?
(C) Come fa un bambino a imparare la lingua (e il "dialetto") locale? Esistono bambini che imparano più di una lingua al tempo stesso?
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Dal momento che sono stati scritti libri molto ben documentati (e di molte pagine) per rispondere a questi quesiti, non posso certo pretendere io di farlo in poche parole, ma alcune considerazioni, per quanto frammentarie, possono essere utili.
(A) Poiché gli esseri umani hanno dovuto scontrarsi fin dagli inizi della nostra specie con altri umani -- noi siamo al tempo stesso molto bravi nel solidarizzare con chi ci è vicino e nel disumanizzare gli altri -- uno dei meccanismi per riconoscere "noi stessi" e distinguerci dagli "altri" è il modo di parlare, il gergo, l'accento, e così via.
E' probabile che la diversificazione in tante lingue e parlate si ricolleghi a questo. In fondo, io riconosco subito uno di Sampierdarena (un quartiere di Genova) e lo guardo dall'alto in basso... (I miei erano del Molo, in centrocittà, vicino al porto, e io ne ho portato con me la "tradizione" e l'accento, anche se non parlo in realtà il genovese, e il quartiere del Molo nemmeno esiste più, essendo stato raso al suolo durante la guerra nel 1940-45).
Il dato empirico di tante lingue parlate nelle regioni meno centralizzate del mondo (Asia, Pacifico e Africa) si può ricollegare a questa situazione. Nei paesi più avanzati dal punto di vista tecnologico è andato avanti, specialmente negli ultimi decenni, un forte processo di omogeneizzazione linguistica, legato in parte alla TV e alla diffusione di un modo di esprimersi "normato" o "standard". Eppure si riproducono continuamente dei fenomeni di differenziazione gergale e settoriale.
(B) Come ho già ricordato, quando le condizioni politiche lo richiedono, una parlata locale o "dialetto" diventa "lingua" (l'esempio del serbo-croato ritorna sempre), e anche se questa può sembrare una situazione un pò artificiale, in realtà quando saranno passati cinquant'anni magari solo gli studiosi sapranno che serbo e croato un tempo erano una stessa lingua.
In passato è spesso successo che due gruppi decidessero di differenziarsi, codificando per iscritto il modo diverso di pronunciare una stessa parola, o un divero giro di frase -- oppure era uno dei due a far partire il processo, sempre per motivi politici.
Il caso dell'italiano (o del tedesco, o del francese, o dello spagnolo) in apparenza è diverso. Qui una lingua, o meglio la parlata di una città o regione, non sempre la capitale, viene presa a riferimento per affermare un processo di unificazione di vari staterelli e regioni a costituire un nuovo stato centralizzato.
La codifica scritta, e magari la redazione di grammatiche e vocabolari, è fondamentale per sancire la presenza di una lingua "nazionale", e il processo si accompagna di solito con una campagna repressiva contro l'uso di parlate concorrenti (definite "dialetti" e comunque considerate linguaggi di minor valore). Ma oggi nessuno in Italia parla l'italiano allo stesso modo, perché la lingua nazionale è sotto l'influenza delle parlate locali, e ne importa forme sintattiche, accenti e lessico.
In alcuni casi una lingua nasce per l'incontro di lingue diverse, è il fenomeno dei cosiddetti "pidgin", che in parte hanno un ruolo di lingua franca o veicolare, vale a dire di strumento per la comunicazione fra gruppi che parlano lingue diverse. Quando un pidgin diventa la lingua madre di un gruppo di persone abbiamo la formazione di una lingua creola, un fenomeno documentato ampiamente nel corso dell'ultimo secolo.
(C) Un bambino impara la lingua delle persone con cui entra in contatto, dalla nascita in avanti.
Come dimostrano i casi di bimbi adottati, non c'è alcun rapporto fra il gruppo etnico di provenienza e la lingua appresa; d'altro canto, i figli di immigrati imparano molto bene in numerosi casi la lingua parlata nel loro nuovo paese, dunque l'apprendimento inizia in famiglia e continua col gruppo sociale d'appartenza del bambino.
Se un bambino cresce in un ambiente bilingue (o multilingue) non avrà alcuna difficoltà a imparare e a utilizzare due o più lingue al pari della lingua materna.
Una lingua si chiama "materna" perché è nell'interazione con la madre che un bambino ha in genere il massimo di esposizione alla lingua, ma c'è un periodo di alcuni anni in cui la capacità di apprendimento è molto forte.
A partire dai dieci-undici anni in genere diventa più difficile imparare nuove lingue (e questo è un fortissimo argomento a favore dello studio delle lingue straniere nella scuola elementare).
(Prima pubblicazione: 3 Feb 2013)
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Aggiornamento e nuovi sviluppi (9 Ott 2013)
Del progetto iniziale sono stati redatti (e ripubblicati) i capitoletti dall'1 al 5. Il prossimo sarà il 7 (Trubetzkoy), mentre a Pinker intendo dedicare più spazio, perché vorrei anche utilizzare le sue riflessioni in tema di lingua e natura umana per introdurre l'argomento "psicologia evoluzionistica". (Ci si potrà chiedere cosa c'entri questo in un blog sulla Spagna e sulla "spagnolità", ma del resto questa stessa osservazione si potrebbe fare per l'insieme di queste riflessioni sul linguaggio. Diciamo che il corso dei miei studi mi ha portato e mi riporta continuamente su alcuni temi, e mi piace condividerli in rete).
(segue)
lingua-e-linguaggio-1-alcuni-elementi
lingua-e-linguaggio-2-un-ragionamento
lingua-e-linguaggio-3-l'indoeuropeo
lingua-e-linguaggio-4-dal-latino-ai-volgari
lingua-e-linguaggio-5-la-grammatica (Chomsky)
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